L'Arcano inesistente.

Tra i Trionfi c'è chi è Matto e non sa dove stare. C'è chi è Appeso e deve decidere. C'è chi "cerca l'Uomo" con le lampade ad olio e chi è Senza Nome e fa molta paura.
Poi c'è Naeratus: l'Arcano inesistente.

venerdì 11 maggio 2012

Pezzi di bottiglia.


Correre. Avrebbe voluto che fossero le sette di sera, mentre tra un incontro e l'altro – tanto per cambiare – era arrivato già il tramonto. Normalmente sceglieva di farlo in solitudine, per parlarsi e respirarsi. 
Per non dover dissimulare le smorfie buffe che si dipingevano tra naso e bocca con ogni fitta al ventre. Anche quelle, del resto, erano solo sue.
Doveva arrivare fino alla cima. Se lo era promesso...e, più o meno, pensava che ogni promessa fosse un debito.
Nel mentre, a volte ridacchiando, a volte no, passava in rassegna le voci del conto economico.

I filari di viti e qualche olivo segnavano i ricordi. Fotografie già viste. Impressioni di luce. E di DNA. Un po' come le rughe.

Ai vecchi che la fermavano (e che di rughe ne avevano qualche manciata in più, bisogna pur ammetterlo) e che la chiamavano con nomi diversi, ma mai davvero il suo, regalava un cenno col capo. 
Qualcuno le chiese cosa stesse cercando. Si toglieva le cuffie verdi dalle orecchie e rispondeva con...un sorriso.
Un amico la aveva apostrofata un pomeriggio: “...Lo fai perché non sai cosa stai cercando. O forse perché ti piace sin troppo cercare”. Trovò che non era utile domandarselo oltre.

Le rocce erano colture di muschio e il rumore della sera, lanciato dalla brezza come in un tiro a porta vuota, era un libro in braille di storia. Invidiabile, da chi la storia l'aveva cancellata.

Le venne in mente Bauman che autografava i suoi saggi di sociologia. Un quadretto accademicamente simpatico, specie perché non l'aveva mai visto. “In un mondo di anime liquide, io sto evaporando”. Fece spallucce e ritenne che sono cose che possono capitare quando il cuore è un circuito senza ventola di raffreddamento. Avanti.

Pregò, senza farsi vedere, socchiudendo gli occhi agli ultimi raggi della giornata. Sfioravano la pelle...quello stesso confine inviolabile che nasconde carne e sangue. Li imitò usando i mignoli, solo perché la sensibilità altrove se l'era fottuta da qualche anno. Sorrise. “Corpo.” Sin troppo grande per uno spirito a cui si è sbagliato il lavaggio. Ne pativa la sproporzione smaccata.

Tenendo il passo sulla pendenza s'incontrano delle nicchie. “Ecco...Lì il corpo è perfetto”. Indicava ai suoi amici immaginari la statua di una madre, in tutto il suo realismo in miniatura.
In spiaggia glielo avevano detto "Quest'anno sembri una statua!". Un complimento? Un augurio? Si mise a riflettere.
È carne che non ha odore, carne per cui non si sbanda. Carne di marmo o gesso, senza ammirazione. Non offre piacere. Non offre lacrime. Bah.

Arrivò sulla sommità e rivide quel ragazzo dai capelli color biondo fantasma, affacciato a una finestra. La guardò ridendo di compassione...e, forse, un po' anche di sfida. “Ce l'hai fatta! Di nuovo.”
Lei non ne volle incrociare lo sguardo; tuttavia sentì nitidamente che, mentre si chinava a riprendere fiato e a fissare la terra, aveva proprio il suo posato sulle spalle.
“Cerco frammenti di meraviglia.” rispose sussurrando, mentre faceva ruotare lentamente un fiordaliso lilla tra il pollice e l'indice della mano sinistra.
Chiaro. Dopotutto, c'era chi perdendosi tra i sentieri in collina aveva ritrovato carte abbandonate. A un altro la stessa cosa era capitata lungo un fiume, in una sera di nebbia.
O le balenò un vecchio vicino di casa che andava camminando per fossili e pietre.
Un professore, ricordava, aveva collezionato farfalle catturandole nei prati e facendosele spedire dal Brasile.
Beh. Forse quest'ultimo era un po' troppo di cattivo gusto.

Alzò gli occhi e si voltò di scatto verso i monti.
“La meraviglia è come i pezzi di bottiglia smussati dal mare. Ricordi? Li raccoglievamo e li collezionavamo avidamente...quando tutti ci dicevano che erano normalissimi pezzi di bottiglia. 
Eppure erano gli smeraldi che da bambini riuscivamo a riconoscerci dentro, che ci rubavano l'amore dall'anima.”
Il biondo sorrise, senza proferire parola.
“Torno a valle. Ho qualcosa di prezioso da raccogliere stasera”.
E corse via, abbandonando un fiore sul muretto.

giovedì 12 gennaio 2012

La meraviglia.

Ho cercato la meraviglia annusandovi il petto.
Ho scoperto di distruggerla mentre mi tornava indietro il fiato.
Così, nascosta, ho nascosto anche i miei occhi nel buio.
E nella luce...
Ho leccato il sudore per scoprire il mio gusto. Ho riso...stordita dalle lacrime.
E dalla lingua che brucia.

E ho perso la ragione, e violentato il senno, e creato mille mostri. D'ignoto, inconscio e incoscienza.

Era tardi, era presto.

Mi sono sentita Dio. Ed ero una donna.
Ma non chiedermi quale...

E di trina in trina, di lino in seta, mi son persa...Ho affogato mille colori e ancor più parole per una goccia di malessere.
Per un brandello di me.

Per donare qualcosa.
Che s'è perso, in un bacio mancato. In un gesto sottile.
Che bastava svelare lo specchio...e scoprirsi alle spalle un sorriso.

lunedì 2 gennaio 2012

Naeratus, il 2012 e i buoni propositi.

I propositi sono una miscela, come il caffè.
Per il 2012 i miei propositi sono per lo più 30% arabica e 70% robusta. 
Carattere forte, corpo intenso. 
Ora, secondo me sono buoni propositi, ma possono anche non piacere


I propositi decaffeinati li lascio a chi va a dormire alle nove, a chi non ha mai corretto con brandy, a chi ha paura di ballare perché fa brutta figura e a chi legge sempre il libretto delle istruzioni. E al 2011...che poi, a ben vedere, hanno fatto ribrezzo pure a lui.


E ora, un espresso.

mercoledì 28 dicembre 2011

Le perle nella carne.

S'incamminava nella notte trafitta di stelle con il profumo di un tabacco non suo sulla pelle.
Il tabagismo l'aveva sempre affascinata, purché non fosse il proprio.
Quando le domandarono se volesse da fumare, rispose con garbo: “Solo cavendish. Al cherry”. 
Incassò più di uno sguardo stranito in meno di un mese.
E con una smorfia sotto il rossetto rosso sbavato si chiese cosa le importasse. Fece spallucce e pensò al buio liquido.

Il buio liquido lo trovi nelle notti senza luna e senza speranza. Anche perché, tutto sommato, la speranza te la accendi da sola. La speranza è un'abat-jour. E adesso le lampadine ad incandescenza sono fuori commercio.

Con gli occhi malcelati da riccioli e parrucche spacciava definizioni come si spacciano i sogni
Come si spaccia la droga. 
Preferiva i primi, per quanto i guadagni ormai si stessero facendo magri e il dolore sempre più pericoloso.
Ma anche con i sogni vige l'assuefazione.
Come pure la crisi d'astinenza.

Fu così che, con una pelliccia cucita da sola, corse da una macchina all'altra, cambiando sedile come si cambiano le calze bucate. Già, c'erano anche quelle.
E una bottiglia di whisky. E un tappo al cherry da leccare. E lo smalto che sarebbe dovuto essere sbeccato a quell'ora della notte. Ma reggeva come non mai, ridicolizzando la serietà delle lacrime trattenute in uno sgargiante rosso carminio.
...è la vita.Lo pensava solo in francese. Quando accadeva, precedeva l'esplosione. Le bombe quando scoppiano tra le orecchie lasciano spazio solo al silenzio.
Premette forte la decolletée nera sull'acceleratore. Se l'avessero fermata avrebbero annusato uno Chopard a forma di cuore. “Mi lasceranno andare.” Fece finta di sorridere “...Anche loro.

Pensava alla nobiltà fottuta e alla pelle bianca.
In quel turbinio di psicosi, dove la schiera delle stelle fisse s'inchina a Copernico, si era cucita le perle nella carne e, ballando a occhi aperti nel buio, s'era promessa d'attendere chi fosse stato così abile da fargliele scivolare via. Mentre ripercorreva i suoi giuramenti, e le leccate altrui che ti lisciano l'anima, tirò il freno a mano. Accese il tabacco fermandosi davanti ad un albero solo e concluse, tra sé e sé “farle scivolare via...senza strapparmi di nuovo la pelle di dosso”.

Quanti occhi aveva visto, in così poco tempo. In ogni colore alberga una storia. “Mi mancava solo un racconto...chiaro.”. Sbuffò l'aria caliginosa tra il volante e il finestrino e disegnò uno dei soliti simboli. 
Pensava alle Terre d'Oriente. Ai prati segreti. Alla nebbia che lascia spazio alle radure...miracoli nei quali d'inverno puoi solo sperare. “C'è tanto tempo”, del resto.
Adesso che era mezza stordita da un nuovo bourbon e dall'ossigeno rarefatto, si era appena inventata una favola di pirati, con le onde alte e mare turchese. La battaglia di una notte. 
Sai com'è, per non sentirsi soli...per non sentirsi vuoti. (O svuotati? Ma alla fine...che importa?)
Ci avrebbe trovato Dio, se solo avesse avuto ancora la voglia di fidarsi di lui.
Occhi...Chissà quanti. Nuovi, ma usati. Per cercare. Per trovare. Lo specchio di un'illusione. Il dubbio che tiene in vita.
Si grattò i lividi sugli avambracci e sulle cosce. “...è l'inconveniente di lanciarsi nel vuoto”. Poi guardò le bruciature sulla gola e sulle guance. Nasconderle con il fondotinta sarebbe stato un gioco noioso, adesso che le facevano credere di essere così brava con il trucco.

Quando il motore d'avviamento fu caldo, forse sin troppo, si lanciò in un tunnel di stelle.
E vennero le chiavi nella toppa. E lo scialle d'argento che cadeva a terra. E in punta di piedi, respirando quel luogo dove regnava puzzo di aria fresca, sorrise allo specchio, di fronte al rimmel che aveva retto in modo quasi incredibilmente dignitoso.
Aveva venduto di nuovo mille immagini gloriose di un altro sé. E, tutto sommato, anche di questo sentiva di andare fiera.
...ma è troppo tardi stasera”. Decidendo di lasciare la matita nera sugli occhi, affascinata dall'idea di un cuscino come Sindone Profana tutta personale, si spogliò del vestito di tulle e taffetà.
Il telefono vibrò sulla tavoletta del cesso. “Pensa te, la telepatia...”; e non perse occasione di sorridere.
Aggrottò un sopracciglio e controllò come il taglio sul petto fosse ancora fresco: “A posto, grazie.” 
Mentre rispondeva, le scivolarono le carte dalla trousse dei rossetti. Le cadde l'occhio su un paio di assi e distrattamente giocò per un attimo con i calli delle dita
Fa molto meno male di tutto il resto...Domani, però, passa a prendermi la penicillina.

martedì 15 novembre 2011

Essere.

...Io non sono un voto su un libretto. Io possiedo dei voti su un libretto. Ma io non sono loro.

Io sono il caos...sono sorrisi...sono disperazione...sono musica. Io sono carne e sangue. Sono la mia storia...sono i miei errori, le mie passioni, le mie vittorie e le mie sconfitte. Io non sono un trofeo. Io sono una persona. E come una persona amo...e provo delle paure...e provo delle voglie.
Perché Chiara è Chiara. Non è una macchina.

Un bacio a chi vive della notte e a chi fa di amore e morte la linfa di tutta un'esistenza.

sabato 15 ottobre 2011

Buonanotte di salmastro.

Camminò a lungo dopo il suo ritorno. Il cielo che gli aveva regalato il respiro, ormai stava già dormendo. Nemmeno le rotaie ferite dalla ruggine e dalle lacrime erano riuscite a distoglierlo dal profumo del sale.
Infilò le cuffie alle orecchie e si diresse con passo sicuro verso dove tutti avrebbero saputo che sarebbe andato se gli fosse stata data la possibilità di scegliere. Stivali ai piedi.
Era l'unica anima nel silenzio e non aveva, per poco, una coda morbida.
Ma il rumore del cuoio lo faceva somigliare quasi a una donna.
Mi basta questo.” Fece finta di accendersi una sigaretta “Non mi serve esserlo.” La spense nella sabbia e sorrise “...Non mi serve averlo.” Leggeva libri di alchimia quando sfidò gli scogli bianchi.

Sento freddo...” I peli sulle gambe erano spine.
I capelli ricresciuti da un pezzo. L'ultima volta che li aveva tagliati sapevano di buono. Adesso, però, aveva deciso di portarli con l'odore del vento.

Spalancò le palpebre. Con le pupille, con le unghie, nel ventre...Avrebbe divorato qualsiasi cosa. Qualsiasi gesto. Carne. Parola. Sguardo. E i ricordi che graffiavano le guance. E quegli occhi che stupravano i suoi pensieri. La Terra della Luna aveva avuto un senso anche nelle notti di buio liquido, quando si ruba la vita e si abbandona per strada ogni logica.  E si accolgono i figli del dubbio.
Questa sera invece la notte proiettava anche le ombre...e parlava degli altri e di sé stessa.

“Dove sei?” si alzò di scatto. E iniziò a vomitare una corsa sul muro frangionde. “Dove sei andato?”
Da solo. Così solo non c'era mai stato. Così vuoto e così pieno. Così tutto.

Si frenò, colto dal tepore dell'inaspettato. Un gatto gli camminò incontro. Gli fece le fusa ai piedi di Stella Maris. Come se fosse stato il tramonto. Come se fosse stata l'alba. Come se fosse...la vostra tenebra è un'illusione per chi custodisce la luna.

Non ingannarmi...” Rideva. Respirava.
In bilico con le punte dei piedi tra gli elementi, giocava ad essere il fuoco...ma si sentì chiamare per nome.
Sapeva di pelo e di magia. Senza guardarlo glielo promise. Con il solo tono della voce. Con gli occhi chiusi, per confondere la luce. “Io...solo perché a modo mio ti amo. Io...te lo impedirò.”

giovedì 22 settembre 2011

L'ultimo passo per tornare a correre.

Questo era davvero l'ultimo passo che mancava per tornare a correre.
Sono stanca di nascondermi. Non c'è ragione. Non ho bisogno.
Non voglio più togliere il disturbo. Mi avete frantumato l'anima in mille pezzi. Straziata, violentata, uccisa. Massacrata in un angolo nella mia Nigredo.

Da dietro le grate, in una sola sera, la storia della mia vita. Ho mescolato i ricordi. Ho rinchiuso i giorni nei giorni. Ho scelto di annusare il tramonto.
L'olfatto incide la memoria e richiama i rigurgiti di emozioni. Quelli che vengono da dove è profondo. Quelli che arrivano alle vibrisse dei gatti, come alla pelle degli uomini.
Ho passato occhi su occhi in rassegna. Mi sono respinta. Mi sono riconosciuta.

La rabbia è ciò che mi mancava. La sola che potesse chiudere questa mezza danza macabra.
La sola che può proteggere chi davvero non ha colpe.


Adesso non lascerò che nessuno ferisca il mio mondo.
È in bilico. È incerto. Ha parole silenziose.
Ma sento che è bello.
Ha la fragilità e la forza di un sorriso e io giuro di volerlo difendere col sangue.

Adesso ho Altro a cui pensare. È qualcosa di importante. Ha qualcosa di vivo.
Con libertà e poesia”, mi hanno suggerito...E ha un gusto che mi è piaciuto.
Adesso è il momento di passare al Maggiore.
Adesso.
Adesso...Albedo.