L'Arcano inesistente.

Tra i Trionfi c'è chi è Matto e non sa dove stare. C'è chi è Appeso e deve decidere. C'è chi "cerca l'Uomo" con le lampade ad olio e chi è Senza Nome e fa molta paura.
Poi c'è Naeratus: l'Arcano inesistente.

venerdì 26 marzo 2010

Naeratus, i ricordi e la saudade...

«Chega de saudade
a realidade é que sem ela
não há paz, não há beleza
É só tristeza e a melancolia...»
(V. de Moraes, "Chega de saudade")

 

Mi manca. Mi manca come l'aria quell'abbraccio stretto. Mi manca il ghiaccio che mi gelava la pelle e mi faceva tremare il sangue. A volte persino la bile.

Mi manca quel sorriso a metà, di chi tutto dice e mai parla. Il silenzio in cui tutto sprofondava. Il silenzio nel giorno. Il silenzio della notte.
Mi manca. Mi manca anche il gabbiano mio amico sui tetti di quel palazzo grigio dietro Kaupmehe 6. Ne studiai le movenze con minuzia, tanto che potrei ancora oggi sostenere un esame sul suo modo di atterrare e ricomporre le penne delle ali.
Mi mancano le crune rosse delle torri: sembravano i merli aguzzi delle labbra. O forse era il contrario? Non lo so più. Non ho più nemmeno il ricordo della certezza, ora che tutto è così nitido, eppure così confuso.

Lo sussurrai in taxi, prima di lasciarti per la prima volta. Aprile deve essere gioioso. Che primavera è senza un sorriso... E mi scesero le lacrime, grondanti, a bruciarmi le guance, fino quasi alle caviglie, sui sedili in vellutino del Tulika 1200. Non mi ricordo nemmeno più la musica. L'autista aveva cambiato stazione dopo un'occhiata rapida al retrovisore. Avrà pensato di piazzare una polka...non gli prestai grande attenzione.

So solo che l'unica immagine che mi tormenta è il lago Ulemiste sulla destra, prima di voltare all'aeroporto.

Aprile deve essere gioioso...e anche Maggio. Ed io ero partita con il sole.
Il ghiaccio era sciolto, restava solo a piccole lastre a macchiare di bianco ovattato il lago. E poi c'erano i fiori. Le viole azzurre, me le ricordo. Ed il profumo delle paste.
Golosa. Cucinavo sola da mesi e pasteggiavo parlando con RaiNews24 sullo schermo del PC...le paste erano state il regalo più ambìto...e forse per questo furono ancora più incredibilmente dolci.

La macchina intraprese la rampa per le partenze e mi sfuggì un rapido sguardo sui tetti lontani. Sui tetti immaginati. Ed iniziò a strabuzzarmi il cuore, perché gli occhi li protessi serrandoli e strizzandoli forte nelle orbite.
Chiusi la portiera. Non mi è mai piaciuto farmi vedere piangere...normalmente cerco di risucchiare le lacrime nelle palpebre e dar la colpa alla polvere o a uno sbadiglio.
E' che avevo iniziato ad assaporare quello che sarebbe stato.
E' che avevo capito tutto solo al momento del distacco.


Ma igatsen sind.
Ma armastan sind.

P.s.: Dimmi una cosa...può esistere la saudade per il Nord?

mercoledì 24 marzo 2010

Le parole. [parte seconda]

Era voltato l'anno e non restava nemmeno l'odore del tè nell'aria.

Il mezzogiorno era solo un ricordo. Rimaneva il profumo delle quattro del pomeriggio a riscaldare le narici, mentre la luce paglierina che aveva appena vinto sulle nubi gonfie d'acqua filtrava dalle feritoie nelle tapparelle tirate a metà e si disponeva in filari carnosi, evidenziando le danze della polvere al di sopra della sua testa.

Lui era lì, chinato sul pavimento. Il palmo sinistro poggiato tra il parquet e l'ennesimo foglio A4, livido di sudicio e di sferzate di carboncino. I jeans, tirati nell'accosciata, lisi ormai sulle ginocchia, erano colpiti a ritmo sincopato dalla matita nella sua destra, che non accennava a fermarsi.
Quello sguardo fisso a terra, gonfio di rabbia e di sudore, lo volse per un attimo verso est:
i passi che risuonavano pesanti e goffi sul pianerottolo di grès erano come la voce della propria madre, per un udito che non aveva registrato che il Silenzio.

“...Dio...allontanalo...” La mente labile si sforzava controvoglia di rimanere lucida...ma mescolava i pensieri come si mescola l'acqua nell'onda.
“Dio, ALLONTANALO!!!

La preghiera non era mai stata il suo forte e da tempo aveva preso l'aria di una buffa superstizione.
Bestemmiò. Digrignò i denti. sempre più furioso. Sempre più cieco.

L'altro fece un respiro. Passò i polpastrelli sui capelli cenerini bagnati di pioggia fresca.

La pioggia, certe persone, le avvolge in tutte le sue lacrime...e mimetizza le loro.
Per conto suo, la incolpava da tempo immemore per il velo di malinconia in cui si nascondeva, salvo poi smentire tutto all'occasione. Spinse sulla maniglia, senza sforzo.
Aveva gli occhi tristi. Come sempre. E portava nel respiro affannoso l'umidità del cielo.

Entrò col suo passo lento ed importante, di chi dà nell'occhio per natura, e sentì un tuffo allo stomaco nel vederlo inginocchiato al bordo del tappeto. “La porta era aperta...”.

Immerso in quella stanza coperta di polvere e tappezzata di carta e disegni, c'era lui: così giovane e smilzo, liscio in viso...solo una barbetta ramata ad incorniciarne il mento. Impassibile, s'aggrappava alla fissità dello sguardo, bloccava le smorfie a terra e continuava frenetico a segnare i fogli.

Avanzò col suo camminare cadenzato, cercando di non far rumore.
“E' difficile parlare senza...” Un altro passo e gli fu alle spalle “...senza parole”.
Osservava ed inorridiva di fronte ai segni, ai simboli sparsi nel caos primordiale di quel corridoio. Di quella sala. Una partita a scacchi. Cercava un appiglio alla memoria di chi sembrava morto dentro.

Si sedette sul divano verde e giocò per un secondo con la polvere di qualche incenso al fiordaliso spentosi nel posacenere lì davanti.
“Voglio dire...” Si alzò dimostrando il suo dolore e la sua insofferenza “...dev'essere dura non avere simulacri in cui racchiudere il mondo”.

Poggiò la destra sulla spalla di lui e lo invitò dolcemente a una torsione. Lo chiamò per nome.

Si voltò con le guance rigate di lacrime. Vecchie di mesi.

Sembrava forte. Tutto in lui sembrava forte, ma non resistette oltre. “Cosa significa?” lo attaccò, strappando i disegni “Cosa significa tutto questo?!” Con un gesto ampio della mano indicava pareti e terra, indistintamente, prima di scuoterlo aggrappandoglisi con le mani alla base del collo.

Lui chiuse gli occhi e si liberò con delicatezza. Con un pollice asciugò le lacrime dell'altro.
Non ne aveva mai viste sgorgare...Era evidente che avesse sempre aspettato che si confondessero con la pioggia.
O la neve...

Io ti ho aspettato...tu lo sapevi. E non sei tornato che adesso.”

L'altro lo guardò aggrottando le sopracciglia in un moto di colpa e di insicurezza ed ammutolì il respiro.

Lui proseguì. Tu mi dicesti che avrei potuto inventarmene di nuove, di parole per raccontarmi...” scoperse la spalla, mostrò le cicatrici da cui era dilaniata anche la sua pelle. Finalmente non oppose più diniego nel fissarlo in volto.
“Questo” gli costrinse la mano sulle scarificazioni “non era che il modo per gridare quelle che noi due già conoscevamo...”
Gli allontanò il braccio e lo superò, incamminandosi verso lo scaffale delle teiere
“...Ma che tu non hai mai ascoltato”.

sabato 20 marzo 2010

Naeratus, le avventure e la vita dinamica.

Coff coff! Un po' di polvere qua sopra...
Sì, lo so. Non ho aggiornato per più di un mese, ma non mi sembra che la società ne soffra in modo irreparabile. Ehi, ehi! Ho sentito un “Anzi...".
Un mese un po' balordo questo che è passato tra momenti di frenesia assoluta e lassi di scazzo ineguagliabile.
Gli ultimi evito di rievocarli, altrimenti rischio anch'io la depressione.

Le avventure di Febbraio-Marzo annoverano:
  • 20 Giorni su 30 di sano mal di testa!
Eh sì, quel tocco di vivacità in più che smorza le tue giornate in maniera irreparabile, impedendoti di dedicarti a qualsivoglia attività e facendoti assumere uno sguardo da triglia assonnata (già, perché l'occhio da triglia sveglia è sin troppo salace).

Ho sempre sofferto di mal di testa in modo ignominioso.
Alle elementari ci fu qualcuno che credette che volessi saltarmi le lezioni. Purtroppo venne smentito – purtroppo perché avrei preferito di gran lunga mettere il termometro nel tè caldo come era d'uso tra tanti amichetti, ma la sorte volle che a me toccasse il sistema molto più realistico del vomito causa cefalea infantile.
Alle medie ci fu qualcuno che credette che volessi attirare l'attenzione.
Alle superiori ci fu qualcuno che credette che volessi evitare le interrogazioni.
Insomma, ora sono alla laurea. Non ci sono più lezioni, non ci sono interrogazioni, l'attenzione l'attiro con i cappellini turchesi e gli occhiali viola. Eppure continuo a passare le settimane drogandomi di Aulin.
Di buono c'è che posso farlo senza che ci sia nessuno a ridire e a rompere i coglioni.
...È bello trovare dei lati positivi nella vita.
  • Conversazioni con i ladri al telefono e fare l'esca della polizia.
Ebbene sì! La squadra Cobra 11, Rex e l'ispettore Derrick (buonanima) prendevano lezioni da Naeratus.
La telefonata leggermente sospetta, da parte di una voce leggermente sospetta che dice cose leggermente sospette (cfr. “avresti potuto inventarti una cazzata meno galattica di questa”) induce Naeratus al sospetto.
Già, perché quando ti chiamano facendo finta di essere un disco, qualche dubbio ti viene. Se poi lasciano lì per dirti “Siamo dell'Enel [Uhm...sarà] Guardi che arriverà una scossa da 250 milioni di volt! [Ecchellè??! Un meteorite!] lasci subito la casa, che è pericoloso [Sì, così rubate anche le mutande...]” storgi un po' il naso. Quando poi ti aggiungono “C'è un blackout a casa sua”, tu rispondi che la cosa non ti risulta e dall'altro lato si incacchiano come bestie “Faccia pure come vuole, ma la scossa vi farà morire stecchiti”...cosa fai? Ringrazi cortesemente per l'avviso. E chiami il 113.
La mattinata si movimenta e ti senti molto protagonista di Don Matteo quando fai l'esca per i poliziotti girando con una katana per la casa. “Restate dentro. Chiamateci appena vi citofonano”.
Yeah! Grandioso!
DRIIIIIN! E' il momento! Chiami.
Arrivano i poliziotti.
Preso!

Non fate mai sapere delle telefonate minatorie ai vostri genitori. Nella foga dimenticherete sicuramente di raccontare qualche dettaglio. Dopodiché vi toccherà assistere alla cattura e all'interrogatorio del dirimpettaio, cui vostra madre – preoccupatissima – ha chiesto di venirvi a trovare.

  • La scoperta che Trenitalia non ha limiti.
Se il vostro sarcasmo prima di prendere un treno disprezza a tal punto le Ferrovie dello Stato italiano da indurvi a pronunciare la fatidica frase “Dovrebbe arrivare alle 11.30. SE arriva” (dai, lo so che l'avete detto almeno una volta!) ...ebbene, dovrete rivedere tutto.
Naeratus infatti è fiera detentrice di un record ineguagliabile.
La mattina del 4 Marzo la nostra eroina timbra il biglietto per il regionale per Milano e sale a bordo.
Il treno vedrà prima l'incendio della ruota dell'ultimo vagone, causa freno incantato...Riposti gli estintori, sarà la locomotrice a decidere di abbandonarci per congiungersi con Sorella Morte nell'eterno riposo.
La morale?
Pensate bene prima di ironizzare “Se arriva”.
Non si tratta di superstizione.
È che prima di chiedervi “Se arriva” dovrete considerare un “Se parte”.

Un grazie sentito agli zii, specialmente allo zio M., per l'impegno nel condurre la nipotonzola a destinazione e per l'alto livello di sopportazione delle sue lamentele circa il trasporto su rotaia.

p.s.: Scoop inedito!
Trenitalia sta lavorando al superamento del recente record implementando un progetto di retromarcia per accumulare sempre maggior ritardo allontanandosi al contempo dalla destinazione prescelta.