L'Arcano inesistente.

Tra i Trionfi c'è chi è Matto e non sa dove stare. C'è chi è Appeso e deve decidere. C'è chi "cerca l'Uomo" con le lampade ad olio e chi è Senza Nome e fa molta paura.
Poi c'è Naeratus: l'Arcano inesistente.

giovedì 21 luglio 2011

Pilastri del mio incanto per la vita.

Il salmastro sbuffava nel vento mentre le ombre si allungavano verso gli stecchi portati dal mare in piena libecciata.
I vecchi avevano sempre insegnato che il libeccio scuote le onde per tre giorni. Io credo adesso che entrambi iniziassero a dubitare della saggezza popolare. Il punto è che rimaneva loro ancora quel sacro timore che impediva di contraddirne parole e concetti. Ma tant'è...

Le orme sulla sabbia si disegnavano pesanti e leggere. Erano le impronte di una vita.

Quante cose che dicono le orme sulla sabbia...Voltarsi e riosservarle mette in discussione ogni certezza. Sempre che ne esista qualcuna veramente vera in questo mondo. Uno si girò, seguito dalla fede dell'altro. La fede è il dubbio...non so se si possa dire il contrario. Ma che importa?

Si fermarono e si sedettero a perdere lo sguardo nell'acqua. Poi tra le nuvole che avevano le forme che dicono i bambini. Poi il monte ferito, che se ci pensi ti verrebbe da scoppiare a piangere. Io però li vidi sorridere di nuovo.

Si avvicinò con un abbraccio caldo, di quelli che non possono non aprirti il cuore: “A cosa stai pensando? Dimmi quello che vuoi dire. Ti prego...Dimmelo...” Lo ripeteva.

Lo sentiva. Lo ascoltava. Sorrise.

...Al liceo, quando ti riempiono la testa di epica ed etimologia, lo avevano tradotto in dolore del ritorno. L'Odissea, ora, era uno dei suoi libri preferiti...e sa Dio quanti sberleffi si sarebbe dovuta sorbire se avesse detto anche questo. Ma l'etimo e le parole, senza colpa, possono sfregiare le emozioni, nel nome della fretta del dover comunicare.

Con l'indice tracciò un quadrato sulla battigia e completò un disegno.

La nostalgia inizia quando una presenza getta uno strascico nell'anima.

“Non sono mai rimasta aggrappata così tanto a questo posto, perché questo posto aveva roccia e sale...ma non aveva occhi.”


Porque eles fazem parte do mundo que eu,
tremulamente, construí,
e se tornaram alicerces do meu encanto pela vida.
(Vinicius de Moraes)

[Perché fanno parte del mondo che io,
in tutta la mia insicurezza, ho costruito,
e sono divenuti i pilastri del mio incanto per la vita]

sabato 16 luglio 2011

Le donne...

Le donne imparano a non parlare.
Le donne sanno. Assaggiano nell'aria il profumo dei capelli e si fanno accarezzare solo da chi custodisce il sacro calore umano. E gliene sono grate.
Le donne sono come i gatti.
Le donne ascoltano, ripetono. Sussurrano. Pensano troppo e pensano che non sia mai abbastanza.
Le donne sorridono in controluce. Si pettinano i boccoli arruffati dal sale e non sanno di essere viste. Può darsi. Forse sì.
Le donne ti guardano al tramonto come se fossi il mare, come se fossi il sole. Come se fossi l'Ombra. E sanno che sei luce.
Le donne contano le rughe e gli anni. I capelli bianchi. Scherzano e non c'è rancore.
Le donne piangono per non dire. Ridono per parlare.
Le donne ascoltano il sangue che scorre nel torace, nelle braccia, sulle guance. Respirano del tuo respiro.

Le donne possiedono tutti i nomi. Ma osservano in silenzio.
A cosa servono le parole quando non possono raccontarti il mondo?