Bianca stava ascoltando la musica e non sapeva che quattro giorni dopo il disco si sarebbe rotto.
Il ritmo del reel aveva incalzato talmente tanto che era andata fuori tempo.
Rovinosamente.
Qualcuno sa che le fu offerto un metronomo usato.
Rifiutò senza pudore, rischiando da sola il disastro.
Adesso sta ballando da sola in mezzo al giardino. La musica si è svegliata dentro.
I vicini si affacciano alle finestre. Sembrano gatti rossi.
“Mi guardano male” lei pensa. Quando pensa di meno invece crede che siano semplicemente sordi.
Nel mentre, sogna di partire per il Nord.
Bianca è l'ombra di un superlativo.
Bianca ricorda e sente. Ascolta il sangue dentro.
Davanti ai fiori dei castelli respira la notte e il giorno, abbraccia l'universo e la terra, lecca le ferite proprie. E altrui.
Cerca nuove canzoni.
I vicini la chiamano e non la trovano. Sembrano formiche.
“Certo, ma solo se li vedi qui dall'alto” lei mormora. Quando invece sprofonda nel mare...non li vede. Quindi non ci sono.
Nell'acqua il suono è un'onda. Fu per questo che gli diede la mano.
Bianca ha bisogno di nutrirsi.
Beve caffè e spine. Annusa tabacco. Infonde mescalina.
Quando si sbucciò il ginocchio ci pianse sopra.
Poi era il segno di un viaggio. Lo reinventò e lo coprì con la garza bianca. Bianca.
I vicini non lo sanno. Sembrano ombre lunghe nella sera.
Dipinge quadri con gli odori.
I tramonti, ad esempio, profumavano di sale. Adesso sanno di ippocastani. Domani...
“Domani chissà se avrai ancora un naso” lei scherza. Ma crede di sì.
Fa sempre una faccia buffa quando gioca. E, detto questo, regalò un sorriso in apnea.
Bianca scrive perché non riesce a parlarsi.
Bianca si manca, ama e non rinnega.
Osservare e domandare. Tutto è lecito. Rispondere è solo cortesia.
“Come quando bussi...come quando telefoni”.
Come quando ti guardi e non sai dove andremo.
giovedì 15 settembre 2011
Bianca.
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